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La lettera aperta di Apple, firmata dal CEO Tim Cook, riguardante la richiesta dell'FBI di sbloccare un iPhone e il successivo clamoroso rifiuto di un simile atto da parte del colosso californiano non ha risonanza solo nel mondo tecnologico. Apple si è schierata dalla parte dei suoi clienti e ha affermato che se l'FBI avesse fornito una "backdoor" ai suoi prodotti, la cosa avrebbe potuto finire in un disastro. Ora aspettiamo di vedere come reagiranno gli altri attori alla situazione.

Fondamentale sarà l'atteggiamento delle altre aziende tecnologiche, che hanno un'influenza diretta sulla protezione dei dati privati ​​degli utenti. Ad esempio, Jan Koum, il capo del servizio di comunicazione WhatsApp, l'attivista per la sicurezza Internet Edward Snowden e il capo di Google Sundar Pichai hanno già difeso Apple. Quante più persone Apple metterà dalla sua parte, tanto più forte sarà la sua posizione nelle negoziazioni con l’FBI, e quindi con il governo degli Stati Uniti.

Qualsiasi rivalità che Apple e Google abbiano tra loro in mercati diversi viene per il momento messa da parte. La protezione della privacy degli utenti dovrebbe essere un elemento importante per la maggior parte delle aziende, per questo il CEO di Google Sundar Pichai ha espresso il suo massimo sostegno a Tim Cook. Ha definito la sua lettera "importante" e ha aggiunto che la spinta del giudice a creare uno strumento del genere per aiutare l'FBI nelle sue indagini e soprattutto a "scattare" un iPhone altrimenti protetto da password potrebbe essere considerato un "precedente inquietante".

"Costruiamo prodotti sicuri che mantengono le tue informazioni al sicuro e forniscono un accesso legale ai dati sulla base di ordinamenti legali validi, ma chiedere alle aziende di accedere erroneamente al dispositivo di un utente è una questione completamente diversa", ha affermato Pichai nei suoi post su Twitter. Pichai si schiera quindi dalla parte di Cook e concorda sul fatto che costringere le aziende a consentire intrusioni non autorizzate può violare la privacy degli utenti.

"Non vedo l'ora di una discussione significativa e aperta su questo importante argomento", ha aggiunto Pichai. Dopotutto, lo stesso Cook ha voluto provocare una discussione con la sua lettera, perché secondo lui si tratta di un argomento fondamentale. Anche il direttore esecutivo di WhatsApp, Jan Koum, è d'accordo con l'affermazione di Tim Cook. Nel suo pubblicare su Facebook riferendosi a quella importante lettera, scriveva che questo pericoloso precedente doveva essere evitato. "Sono in gioco i nostri valori liberi", ha aggiunto.

La popolare applicazione di comunicazione WhatsApp è diventata famosa, tra le altre cose, per la sua elevata sicurezza basata sui protocolli TextSecure, che utilizza dal 2014. Tuttavia, questa implementazione significa che la sede centrale può disattivare la crittografia in qualsiasi momento, praticamente senza preavviso. avviso. Quindi gli utenti potenzialmente non saprebbero nemmeno che i loro messaggi non sono più protetti.

Un fatto del genere potrebbe rendere l’azienda vulnerabile alle pressioni legali che l’FBI sta attualmente usando contro Apple. Non sorprende quindi che WhatsApp abbia già dovuto affrontare sentenze simili a quelle che sta affrontando attualmente il colosso di Cupertino.

Ultimo ma non meno importante, l'attivista per la sicurezza Internet ed ex dipendente della American National Security Agency (NSA) Edward Snowden si è unito al produttore di iPhone, che nella sua serie di tweet ha raccontato al pubblico che questa "lotta" tra il governo e la Silicon Valley potrebbero compromettere la capacità di difesa dei propri diritti da parte degli utenti. Definisce la situazione "il caso tecnologico più importante dell'ultimo decennio".

Snowden, ad esempio, ha anche criticato l'approccio di Google per non stare dalla parte degli utenti, ma secondo gli ultimi tweet di Sundar Pichai sopra citati, sembra che la situazione stia cambiando anche per questa azienda, che lavora con un'enorme quantità di dati.

Ma compaiono anche gli oppositori di Cook, come il giornale The Wall Street Journal, che non è d'accordo con l'approccio di Apple, affermando che una tale decisione potrebbe causare più danni che benefici. L'editore del giornale, Christopher Mims, ha affermato che Apple non è obbligata a creare una "backdoor" che chiunque possa sfruttare, quindi dovrebbe rispettare gli ordini del governo. Ma secondo Apple, l’FBI richiede proprio un atto del genere, anche se potrebbe descriverlo in modo diverso.

Secondo alcune informazioni, già l'anno scorso gli hacker avevano creato uno strumento in grado di sbloccare qualsiasi iPhone in meno di cinque giorni, ma la condizione per il funzionamento di questo dispositivo è un sistema operativo iOS 8 attivo, ovvero l'iPhone 5C, che l'FBI vuole sbloccare da Apple, non ha. In iOS 9, Apple ha aumentato notevolmente la sicurezza e con l'arrivo del Touch ID e di uno speciale elemento di sicurezza, Secure Enclave, violare la sicurezza è praticamente impossibile. Nel caso dell'iPhone 5C però, secondo alcuni sviluppatori, è ancora possibile bypassare la protezione a causa della mancanza del Touch ID.

L'intera situazione ha commentato c'è anche il blogger e sviluppatore Marco Arment, il quale sostiene che il confine tra violazione "solo una" e "permanente" è pericolosamente sottile. “È solo una scusa per ottenere un accesso permanente per hackerare qualsiasi dispositivo e osservare segretamente i dati degli utenti. Stanno cercando di sfruttare la tragedia di dicembre per poi usarla per i propri scopi."

Fonte: La Verge, Cult of Mac
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